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Liguria roccaforte Pd nel nord

di Domenico Ravenna

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30 marzo 2010
burlando Liguria roccaforte Pd nel nord

Per gettare la spugna ha aspettato che il computo delle sezioni scrutinate avesse superato abbondantemente la metà. In quel momento, il divario dal rivale viaggiava sui sei-sette punti e Sandro Biasotti, candidato del centro-destra, si è inchinato al verdetto delle urne. I numeri sanciscono il fallimento, dopo la sconfitta di cinque anni fa, del suo secondo assalto alla poltrona di governatore ligure. E, concedendosi a taccuini e telecamere che lo attendono al varco, rende onore all'avversario. «Complimenti a chi ha vinto: in bocca al lupo a Burlando», dice con quel misto di serenità e distacco di chi si mette alle spalle lo stress di una lunga campagna elettorale. Poi, più a freddo, prevale una disamina della propria sconfitta. «Qualche errore – ammette - lo avremo anche fatto. Ma l'impegno ce l'ho messo veramente tutto, senza riserve. Certo, non pensavo di perdere così: ero convinto che la battaglia potesse risolversi sul filo di lana».

E il candidato del centro-destra ci credeva davvero a quella Liguria pronosticata in bilico dalle analisi si molti politologi e dai numeri di qualche, forse, benevolo sondaggio. Tanto che Biasotti ha continuato imperterrito, fino alla vigilia, a macinare chilometri da Ventimiglia a Sarzana per contrastare le rotte del consenso battute con consumata esperienza da Claudio Burlando. Colpo su colpo, attraverso un frenetico tour inanellato fra rinomate località costiere e sperdute enclave montane, circoli e mercati rionali. Pronto a captare i non pochi mal di pancia del popolo della sinistra. Mugugni provenienti dalle periferie urbane, riottose alle rivoluzioni urbanistiche e logistiche patrocinate dal centro-sinistra, o dalla rivolta di un quartiere popolare, come quello genovese del Lagaccio, riluttante a subire il progetto di una grande moschea sostenuto, per contro, a spada tratta dall'amministrazione comunale di centro-sinistra guidata dal sindaco Marta Vincenzi.

Ci credeva Biasotti a una chance di vittoria erodendo, magari, lo "zoccolo duro" della sinistra nel capoluogo e, nel contempo, facendo incetta del voto moderato incanalato dal ponente imperiese, feudo del ministro Scajola, e dalla riviera savonese. Ma più si avvicinava il giorno dell'appuntamento con le urne e più sembrava scemare la fiducia sulle reali possibilità di Biasotti di ritornare sullo scranno più alto della Regione, che già aveva occupato nel quinquennio 2000-2005, prima di essere scalzato dall'ex ministro dei Trasporti del Governo Prodi.

E il primo, forse, a non credere a una performance biasottiana è stato proprio il lider maximo del centro-destra, Silvio Berlusconi. Annunciata dal ministro Scajola, non si è mai materializzata la presenza del premier a fianco del candidato pidiellino in Liguria. Così, orfano di un benefico blitz da Arcore, Biasotti si è affidato alla vulgata leghista scesa a Genova, qualche giorno prima delle elezioni, capitanata dal senatur Bossi, affiancato dal ministro dell'Interno, Roberto Maroni, e con l'aggiunta, del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. Un parterre de roi per benedire la firma di un patto d'unità d'azione fra i candidati del centro-destra alla guida delle regioni del Nord: dal lombardo Formigoni, al veneto Zaia, al piemontese Cota.

Dal canto suo, il nume tutelare del Pdl ligure, il ministro Scajola, assente all'"abbraccio" leghista del patto dei governatori del Nord, ha puntato sulla più tradizionale e collaudata politica "del fare" reclamizzata dal Popolo della libertà. Un mese e mezzo prima della chiamata alle urne, il ministro ha tagliato il nastro dei lavori per il Terzo valico, infrastruttura sulla cui necessità diverse generazioni di genovesi e liguri discettano ormai da molti decenni. E, in un territorio che reclama a gran voce la creazione di posti di lavoro qualificato, il ministro dello Sviluppo economico non ha mancato di far balenare le prospettive di crescita legate al ritorno dell'Italia all'atomo con la possibile scelta di Genova, che già ospita Ansaldo nucleare, come sede dell'Agenzia per la sicurezza nucleare. Difficile però, sottolineava Scajola nei suoi interventi, far diventare la Liguria un centro pulsante della nuova politica energetica del governo quando la giunta Burlando ha deciso di impugnare le misure per il nucleare davanti alla Corte costituzionale e quando il sindaco di Genova professa in pubblico la sua contrarietà alla scelta a favore delle nuove centrali.

Ieri sera, Claudio Burlando commentava la sua vittoria con low profile tutto ligure. «Mi pare - rilevava – che sia stato premiato il lavoro svolto in questi cinque anni». Intanto, da Roma, Scajola non mancava di lanciare strali contro l'Udc di Casini che, optando per lo schieramento di Burlando, si è assunta «la grave responsabilità di rendere possibile questa alleanza innaturale che rischia di condannare la Liguria a un'altra fase di immobilismo». Tre-quattro punti convogliati dall'elettorato moderato sullo scudo crociato dell'Unione di centro che hanno fatto pendere definitivamente la bilancia dalla parte del governatore uscente.

I risultati in Liguria

30 marzo 2010
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